La notte di Bangkok si tinge di azzurro. E questi sono i fatti; il resto sono emozioni, quelle che a posteriori mi portano a parlare di Pechino Express.
In moltissimi blog di tv la finale dell’adventure game che ieri è stata trasmessa in prime time su RaiDue è il piatto più succulento del giorno, e merita una tale attenzione perché, oltre ad essere attesissima dai molti fans, è stata davvero una bella gara.
A salire sul gradino più alto del podio sono stati i più avvezzi al raccogliere medaglie, gli sportivi (a cui personalmente assegno anche il premio simpatia) davanti alle modelle che, puntata dopo puntata, hanno dimostrato di avere molto più che un’andatura da passerella e ai laureati, ennesima dimostrazione di giovani che non si arrendono di fronte ad alcuna difficoltà e rispondono con grinta da leoni al mutismo di una società quella sì troppo choosy nell’offrire opportunità a chi ha una laurea in tasca e tanti sogni nell’altra.
Ma questo è un altro discorso… e allora torniamo a ciò che, a mio parere, fa di Pechino Express uno dei format più interessanti in onda nel belpaese: l’ironia, la leggerezza, la simpatia e la brutalità, il realismo, la lotta per conquistare il proprio spazio, per esserci ancora domani, che ha visto protagonisti da una parte i concorrenti, ma dall’altra donne e uomini che ogni giorno vivono in condizioni inconcepibili agli occhi di ogni occidentale, stupendo continuamente per la loro fiducia, apertura, generosità.
A trionfare davvero, per una volta, sono i contenuti a scapito delle chiacchiere: la mancanza di uno studio (con il suo insopportabile carico di opinionisti), di giudici pagati per sbranarsi vicendevolmente, di finti ribelli che voltano le spalle alle autorità di turno e aizzano un pubblico intontito in degradanti cori di supporto o sfottò rendono la formula del programma davvero poco italiana e vincente.
Non sono mancati le lacrime, le coalizioni, le chiacchiere dietro le spalle e gli scontri faccia a faccia, ma senza mai risultare manovrati o forzati, e quindi ho trovato emozionanti, piacevoli o divertenti anche questi aspetti. Dalla leziosità della marchesa alla verve tutta partenopea dei vincitori ho amato Pechino Express perché ogni ingrediente era sapientemente dosato e perfettamente amalgamato con gli altri.
Con maestria gli autori hanno individuato il perfetto mix nella scelta delle coppie, Costantino Della Gherardesca si è confermato un mirabile conduttore (nel senso più pieno del termine), la struttura del gioco non ha mai vacillato, ma soprattutto le ambientazioni hanno regalato ad ogni spettatore un fantastico viaggio in posti per molti poco conosciuti. La regia, consapevole della forza del programma, non è stata mai avara nel mostrare panorami mozzafiato, città o villaggi dove spesso convivono (poca e ostentata) ricchezza e (dilagante ma sempre dignitosa) povertà, la natura selvaggia e indomabile e la frenesia di una grande città.
L’unica nota stonata è giunta proprio alla fine: il taglio troppo netto sul traguardo finale, dove non è stato lasciato alcuno spazio alla coppia arrivata seconda in classica, il che ha infastidito una grande fetta di pubblico. Una scelta di sicuro poco delicata e poco giusta, ancor più perché Francesca Fioretti e Ariadna Romero, agguerritissime concorrenti si sono guadagnate la finale con le unghie e con i denti, non risparmiandosi mai e giocandosela ad armi pari con una coppia molto più competitiva sul profilo fisico.
Di contro abbiamo davvero apprezzato i ringraziamenti, che vale la pena rivedere in questo video.
#grazie Pechino Express, alla prossima edizione!
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