In ogni cultura ci sono tanti diversi riti per augurarsi che tutto posso andare per il meglio. I gesti beneaugurali sono tantissimi e molto diversi tra loro. Le loro differenze sono profondamente legate alle tradizioni e alle culture di riferimento, ma non solo. In ogni ambito della vita si creano superstizioni molto particolari che diventano presto “settoriali”. Persino nel disincantato Occidente, nonostante la sua tradizione razionale e illuminista, tanti di questi comportamenti persistono ancora oggi. D’altronde, come diceva il grande Eduardo de Filippo: “La superstizione è sinonimo d’ignoranza, ma non porta male essere superstiziosi”. Di certo non si augura mai “buona caccia” ad un cacciatore, né un marinaio vorrà salpare di venerdì. Per un giocatore di poker può essere molto importante persino scegliere la giusta porta d’ingresso al casinò. Gli attori non sono da meno in quanto a scaramanzia.
Quella del colore degli abiti indossati dagli attori di teatro è sempre stata una questione molto importante, affrontata diversamente di luogo in luogo. Nei teatri inglesi ad esempio si badava bene a non indossare abiti blu. Le stoffe blu erano estremamente costose in passato e comprarle avrebbe potuto portare una compagnia teatrale alla bancarotta. Potevano essere indossate solo nel caso fossero state guarnite con l’argento: in tal caso la compagnia teatrale era così ricca da potersi permettere abiti sontuosi e il pericolo del fallimento era evidentemente lontano. Nel nostro paese il colore tabù degli attori è sempre stato il viola. Viola infatti erano i colori dei paramenti durante il periodo di Quaresima, periodo di astinenza, digiuno e penitenza. In questo periodo le autorità civili ed ecclesiastiche erano solite vietare gli spettacoli pubblici e gli attori si ritrovavano a vivere un duro periodo di magra per ben 40 giorni.
Un altro oggetto a cui vengono legate le sorti dello spettacolo è il copione dell’attore. Ogni attore durante le prove dovrà recitare badando bene che la sua copia del copione non cada mai in terra. Se questo dovesse avvenire, l’attore italiano lo raccoglierà per batterlo tre volte esattamente nel punto in cui questo è caduto. L’attore russo invece dovrà sedersi sul copione in terra, scongiurando così ogni fallimento.
Altra regola aurea: mai pronunciare in teatro il nome “Macbeth”. Meglio riferirsi alla tragedia shakespeariana usando l’espressione: “Il Dramma Scozzese” (The Scottish Play). Se quel nome dovesse malauguratamente uscir di bocca ad un attore, questo se ne andrà fuori dal teatro, girerà su se stesso per tre volte, sputerà alla sua sinistra, reciterà una battuta di un’altra opera shakespeariana e chiederà quindi alla compagnia di poter rientrare in teatro. Recitando il Macbeth è altrettanto importante ripetere il meno possibile le formule magiche nelle battute delle tre streghe. Leggenda vuole che il Bardo dell’Avon abbia trascritto nella sua opera delle autentiche formule magiche molto potenti e nefaste.
Non c’è da pensare che questi siano antichi lasciti del passato e che il mondo del cinema odierno faccia eccezione. Hollywood pullula di attori e star internazionali molto scaramantiche. Jennifer Aniston si sente al sicuro solo se entra in aereo con il piede destro. Cameron Diaz si protegge con amuleti di legno di faggio. Colin Farrell indossa sempre le sue mutande con i trifogli al primo ciak di ogni suo film. Pare che avesse funzione scaramantica anche il cameo che Alfred Hitchcock recitava in ogni sua pellicola.
Ad ogni modo, per non sbagliare, prima di ogni spettacolo, sempre meglio augurarsi tanta “merda!” prima di entrare in scena. Se vi domandate il perché, la risposta è più semplice di quanto potreste immaginare. Nell’epoca in cui si andava a teatro in carrozza, tanti più erano gli spettatori, tanti più erano i cavalli fermi davanti al teatro, cavalli che lasciavano evidenti tracce materiali della loro presenza. La quantità di sterco nei dintorni del teatro rappresentava quindi in un certo senso il metro del successo di una rappresentazione.
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